Storia

Ancora oggi il toponimo POVIGLIO appare di non facile soluzione. Attestato per la prima volta sui documenti d’epoca nel 1022 con il nome di PUPILLI e PUPILII, alcuni legano la nascita di questo abitato all’antica leggenda risalente ai tempi dei Romani secondo la quale i fondatori sarebbero stati due PUPILII, cioè due piccoli orfani, rappresentati nei putti sorreggenti un tralcio di vite che appaiono nell’attuale stemma comunale. Altri vorrebbero trovare in questo toponimo un riferimento al PO proponendo la costruzione di PO-VILLIS nel significato di “costruzioni sul Po” (da Po e villis = dimore rurali), o più semplicemente da PO-VICUS, ossia “Borgo del Po”. Altri lo vorrebbero far derivare dal nome personale latino POPILIUS, quale probabile possessore del luogo. Nelle carte più recenti, ma già da quelle del XVII secolo, la località è anche segnata con il nome dialettale PUI’ e PUVI’. Infine non è da sottovalutare l’ipotesi che il nome possa essere di derivazione celto-gallica, come gli attuali lemmi POWLIU e
POWLIAU della lingua gallese, o dei tanti POULLY francesi, ad indicare la forma circolare, stretta ad anello dalle acque di un fossato, o da peschiera, come appare anche l’antica Poviglio in un vecchio disegno. La presenza, infine di un Poviglio montanaro sul tracciato dell’antica via romana che dal Po portava alla Lunigiana, non esclude che il toponono sia anche da collegare ad una presumibile PO-VIA = “Via del Po”.

TERRAMARA

È per certo che già dall’età del bronzo (XVI-XI sec. a.C.) il territorio era abitato: sono state infatti individuate ben 10 aree archeologiche che hanno messo in luce diversi insediamenti terramaricoli. Il principale e più indagato è la TERRAMARA DI S. ROSA, nella frazione di Fodico a circa 3,5 Km. a sud dell’attuale corso del Po. Si tratta di un villaggio di 7 ettari che nell’estate del 1996 è stato oggetto della XIII campagna consecutiva di scavo ad opera della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Statale di Milano. Lo scavo, che ogni anno ha la durata di uno-due mesi, è finanziato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ed usufruisce della sponsorizzazione di Coopsette e del consistente appoggio del Comune di Poviglio. I lavori sul terreno sono effettuati da giovani professionisti della Cooperativa “Archeosistemi” di Reggio Emilia e della Società “Geoarcheologia” di Milano, coadiuvate da molti studenti delle Università di Milano, Bologna e Verona.
Il sito rappresenta un tipico esempio degli insediamenti padani dell’Età del Bronzo medio-recente “terramara”, ovvero di un grande abitato recintato da terrapieni e fossati che tra il XV e il XII secolo a.C. interessarono la parte centrale della Pianura Padana costituendo uno dei più grandi episodi di popolamento in Europa. I 4.000 mq. di superficie antica messa in luce fanno dello scavo di S. Rosa il più grande scavo in Europa e uno dei primi a livello mondiale sia per l’estensione che per il tipo di indagini qui condotte. Alle ricerche archeologiche, infatti, si affiancano quelle geologiche, polliniche, le datazioni radiocarboniche, le tecniche del microrilievo ed il rilievo computerizzato. Sono state altresì effettuate analisi sugli impasti ceramici, sulle tecnologie e sulle tracce di usura dei manufatti ceramici e di osso.
Nel grande villaggio terramaricolo di S. Rosa si riconoscono due abitati irregolarmente quadrangolari, iscritti uno nell’altro e circondati ciascuno da un terrapieno e da un fossato di vaste dimensioni. L’abitato più piccolo, ampio circa un ettaro, è stato fondato attorno al 1500 a. C., nel momento della colonizzazione terramaricola. Circa due secoli dopo le sue strutture difensive sono state potenziate ed attorno ad esse è stato impiantato un abitato assai più grande (circa 5 ettari di estensione), a sua volta munito verso l’esterno di un terrapieno e di un fossato.
Immaginiamoci, tremilacinquecento anni fa, una pianura lievemente ondulata, incisa da più corsi d’acqua, con tanti boschi, un grande villaggio, fitto di case intonacate col tetto di paglia. Immaginiamo di arrivarci da sud e ci imbatteremmo nella doppia cinta dei suoi fossati e dei suoi terrapieni prima uno più basso che delimita uno spazio di qualche ettaro con gruppi di case alte su pali, poi, al di là del grande fossato, una possente muraglia di terra, da cui spuntano case fittissime. Dietro, a nord, l’intrico dei rami del Po.

Così doveva apparire, più o meno, verso la fine dell’età del Bronzo, il villaggio di Santa Rosa. uno dei tanti nella pianura di allora, a distanza di pochi chilometri uno dall’altro.
Questi straordinari abitati furono scoperti nel secolo scorso e furono chiamati terramare o terre-marne, nome derivato dall’uso dei terreni archeologici per i prati.
La cultura terramaricola si esaurisce improvvisamente verso la metà del XII secolo a. C.

Altro momento particolarmente importante per il territorio di Poviglio è stato il processo di colonizzazione ad opera dei romani, divenuto molto intenso dopo la sconfitta dei Galli Boi (191 a.C.), la costruzione della Via Emilia (187a.C.) e le assegnazioni di terre al cittadini.
Le campagne povigliesi presentano ancor oggi le tracce della CENTURIAZIONE ROMANA in ottimo stato e diversi insediamenti abitativi (come la villa romana di S.Rosa sull’insediamento terramaricolo), in quanto la zona fu passaggio obbligato delle legioni romane verso il Po, verso l’importante colonia di Brixellum e i municipia di Regium e di Tannetum.

Dal MEDIOEVO in poi il centro di Poviglio si raccoglie intorno al suo castello e ne vive tutte le vicissitudini a partire dal 1060 quando viene ricordato dotato di “Castrum con fosato”. Negli anni il castello, passato di distruzione in ricostruzione, fu possesso dei Da Henzola, dei Dal Verme, dei Gonzaga, dei Farnese, fino ai Borboni.

Poviglio è stato, comunque, un castello, nel senso di una piazza-forte molto importante, come è deducibile dalle fonti storiche (sec. XVII) che ce lo illustrano come una struttura perimetrale poligonale a stella, con bastioni angolari a saliente verso la campagna e progressivamente dotato di avancorpi fortificati come mezze lune e barcane di forma pentagonale e triangolare.
Il castello, la chiesa, la piazza e le osterie erano il centro della vita del borgo.
Dopo i Borboni, con l’arrivo dei Francesi di Napoleone, Poviglio venne annesso all’Impero Francese e nel 1811 passò sotto la sovranità di Maria Luigia d’Austria; infine, per mezzo dei plebisciti, l’11 marzo 1860 Poviglio veniva annesso alla monarchia di Vittorio Emanuele II e faceva il suo ingresso nel Regno d’Italia.

Attualmente il centro del paese è rappresentato dalla piazza, intitolata ad Umberto I, sede della vita sociale, economica e culturale del paese, che si presenta con edifici e strutture moderne (tranne la chiesa Parrocchiale), costruiti nel corso dell’ultimo secolo.

La chiesa parrocchiale è intitolata a S. STEFANO ed è l’unica struttura, nel corso dei secoli, ad essere sempre uscita indenne dai vari episodi di distruzione. L’ipotesi più probabile è che sia stata costruita tra il 1250 e il 1300 sulla stessa area di una chiesetta preesistente (una cappella di tipo rustico del sec. VI d.C.). Nel corso dei secoli ha visto aggiungersi corpi, sovrapposizioni, che, comunque, non ne hanno stravolto lo stile originario. La chiesa, liturgicamente orientata ad est, presenta un’ampia e luminosa facciata ripartita da lesene su doppio ordine. Anche la torre campanaria è stata più volte rifatta, ma conserva il primitivo stile di costruzione settecentesco. Il pannello posto sopra l’ingresso centrale è formato da mattonelle di ceramica dipinta (opera di O. Carpi, 1961) a copia della pala dello Zatti posta sopra l’altare maggiore.

Intorno al centro, immerse in una fiorente campagna, si snodano cinque frazioni:

FODICO, Castrum Vulterii, paese degli avvoltoi, la più antica, precedente il 1100;
SAN SISTO, la più grande, sulla statale per Parma;
GODEZZA, dal nome di origine latina Lacumducium, forse per le frequenti inondazioni del Po che, per qualche tempo, formavano una specie di lago o di larga palude. Nella chiesetta del 1955, in funzione scenico-cinematografica, venne celebrato il matrimonio del figlio di Peppone e della nipote di Don Camillo, dal romanzo di Guareschi;
ENZOLA, dai signori Da Henzola, ricchissimi fonditori di campane, che occupavano la frazione, sempre in lotta con Poviglio del quale, per un certo tempo, ne occuparono anche il castello;
CASALPÒ, da Casalis Padi = Casale del Po